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Il cinema di Billy Wilder è una sorta di territorio franco, di universo interstiziale, di zona protetta e recintata in cui si giocano liberamente i miti della società americana, sia pure ridotti al gioco ben giocato (A qualcuno piace caldo, Non per soldi... ma per denaro), o alla dimensione sublimata dello sport in cui si manifestano alla luce del giorno e di fronte al pubblico le strategie competitive (L'asso nella manica, Prima pagina). Proprio qui - sulla scena o sul quadrato - si compiono i riti simbolici dei ruoli e delle divisioni sociali (Sabrina, L'appartamento) e si percorrono i tracciati stabiliti o si tentano le loro inversioni (La fiamma del peccato, Scandalo internazionale, Stalag 17, Che cosa è successo tra mio padre e tua madre?). Per questo, il cinema di Wilder è il luogo del rovesciamento della conformità alla legge sociale e alle sue finzioni sublimate; spazio antimitologico per eccellenza, dal momento che esibisce sullo schermo le crisi e le metamorfosi delle identità sociali raffreddate nel play, snaturate e date in pasto alle meccaniche del gioco rivelato (Viale del tramonto, Irma la dolce, Vita privata di Sherlock Holmes).